sabato 14 marzo 2020

Coronavirus, un messaggio dalla Terra?

I biologi affermano che si tratta di un virus che ha fatto il salto di specie, i complottisti affermano che si tratta di un'arma biologica sfuggita da un laboratorio militare, i medici invece si dividono, per qualcuno è solo una brutta influenza per i restanti la più grave pandemia degli ultimi 100 anni.
Quello che di certo sappiamo del Covid-19 è che ci ha preso alla sprovvista, lo avviamo visto arrivare da lontano e non lo abbiamo preso sul serio ma poi, con le prime vittime, abbiamo capito che la faccenda è veramente seria.

La nostra reazione è stata scomposta, dapprima lo scherno, poi la sdrammatizazione e infine, quando era troppo tardi, il panico.
E con la paura le frontiere si chiudono la solidarietà è solo a parole, le porte si chiudono a chi è già contagiato gli altri si rifugiano dove si sentono più sicuri.
E così ci ritroviamo da soli ognuno con i suoi cari più stretti, perchè anche le famiglie si dividono, da quanto è troppo pericoloso stare vicini.
Viviamo in un mondo iperconnesso, ipertecnologico dove speravamo di arrivare a vivere oltre i limiti di coloro che ci hanno preceduti e invece scopriamo quanto siamo fragili.
L'unica cosa che possiamo fare che è isolarci, alzare i muri, nasconderci, chiudendo a chi è già contagiato come si faceva nelle epidemie del medioevo, con buona pace del mondo unito e globalizzato.

Eppure una lezione da questo Covid-19 la dobbiamo trarre, forse è un segnale che madre Terra ci sta dando e che ci dice che siamo in tanti, consumiamo e inquiniamo troppo e la misura è colma.
Le forze della natura ci ricordano chi davvero regna su chi e forse è veramente giunto il momento di cambiare stile di vita, prima di arrivare a un punto di non ritorno.
Siamo abituati a pensare che per la nostra specie tutto è possibile e che la nostra fame di risorse può crescere all'infinito, ma non è così bisogna cambiare anzi, stiamo già cambiando modo di vivere e forse, sperabilmente, abbiamo anche compreso che non siamo onnipotenti.
Oggi rammentiamo che viviamo su un puntino blu nell'immensità del nulla, che fino ad oggi ci ha permesso di prosperare ma che un giorno, improvvisamente, può decidere che non ci vuole più.
E allora resistiamo a questa tempesta che passerà, veloce come è arrivata e impariamo che tutto ciò che diamo per scontato ci può venire tolto, senza preavviso.

lunedì 12 ottobre 2015

ISIS perchè esiste


Una nuova forma di terrorismo sta travolgendo il medioriente, modificando i rapporti di forza tra le potenze che da sempre si contendono questo importante crocevia di uomini e risorse.
ISIS, nome di un'organizzazione sconosciuta fino a pochi mesi fa, oggi è diventato uno stato nello stato, con uno ordine sociale, un suo esercito e con suoi leader.
Un'entità che fa proseliti fra i giovani di mezza Europa disposti a lasciare il mondo che conta per immolarsi in nome del Profeta a migliaia di chilometri da casa.
Eppure rimane difficile comprendere come sia stato possibile per un'organizzazione di terroristi come tante altre, arrivare a spazzare via lo stato Siriano, buona parte dell'Iraq e ora addirirttura a minacciare una potenza regionale come la Turchia.
In un mondo ideale un gruppo di terroristi allo sbaraglio sarebbe stato cancellato in men che non si dica, eppure ISIS è bene armato, attua efficaci tattiche di guerriglia e tiene testa agli eserciti regolari.
Alle porte del conflitto restano la Russia e gli Stati Uniti che, catapultati in piena guerra fredda, si accusano reciprocamente di bombardare dalla parte sbagliata fronteggiandosi per procura, come accadeva ai tempi del Vietnam.
ISIS sembra un'entità creata artificiosamente, finanziando e armando bande di guerriglieri nel posto giusto  al momento giusto, con l'intento di portare la guerra là dove le primavere arabe hanno fallito.
Verrebbe da chiedersi, vista la deriva decisamente islamica della storicamente laica Turchia, se la minaccia non sia stata crerata appositamente per dare un cambio di rotta ai vertici del potere, in un tale scenario si potrebbe ipotizzare una regia occidentale, leggasi USA, dietro all'ascesa del movimento sanguinario.

Inoltre non si può fare a meno di notare come la fine delle sanzioni nei confronti dell'Iran abbiano ridato peso internazionale a Teheran che, forte di un nuovo slancio economico e politico, mira a riprendersi il ruolo di protagonista nella regione.
A seguito del trattato nucleare che ha avvantaggianto enormemente Teheran a scapito degli Stati Uniti si può immaginare come sia cambiata la strategia adottata nei confronti della riottosa nazione.
In questo possibile scenario si inserisce la Russia che, decisa a difendere i suoi tradizionali alleati, è disposta ad inviare uomini e mezzi, rischiando che i suoi aerei entrino in contrasto con i caccia Americani, in operazioni belliche che sembrano tutto fuorchè concordate.
Il tutto non solo per uscire da un'isolamento internazionale fatto di sanzioni, ma anche per non perdere gli ultimi alleati in una regione di vitale importanza.
Fuori dai giochi resta l'Europa che, come di consueto, tace e si tiene senza battere ciglio le centinaia di migliaia di profughi che fuggono dalla guerra.
Per ora di interventi militari ufficiali non se ne parla, probabilmente la ragione sta nel fatto che ancora non si è deciso quale fazione convenga appoggiare.
Scegliere di appoggiare l'anti ISIS e quindi Assad, scontenterebbe non poco gli alleati di oltreoceano, tuttavia se ISIS dovesse continuare ad espandersi milioni di profughi si riverserebbero in Europa.
E allora forse varrebbe la pena di correre il rischio, per una volta, di scontentare lo Zio Sam.









giovedì 18 settembre 2014

L'Umanità ha bisogno di piangere


Questo è il duro monito di papa Bergoglio durante la messa celebrata presso il Sacrario Militare di Redipuglia.
Una visita a cui hanno preso parte principalmente militari e rappresentanze civili, volta a rendere omaggio ai
caduti della Grande Guerra, in occasione della celebrazione del centenario.
Di fronte alla vista di questo monumento, imponente come possono essere trentamila soldati schierati con nome e grado e pronti per la battaglia, non si può non percepire la tragicità e la portata degli eventi che si sono susseguiti, mentre con il pensiero si comincia ad accarezzare il vero significato della parola "Patria".

In cima ai gradoni, sessantamila militi ignoti ricordano il senso di annullamento e anonimità della morte, causata dalla distruzione fine a se stessa.

Il periodo storico in cui ci troviamo presenta molte analogie con quello precedente alla Grande Guerra, con una crisi economica che divide e rialimenta antiche divisioni che sembravano superate dalla globalizzazione.
Le nuove generazioni cullate dal benessere creato con il sangue dei nostri antenati non realizzano quanto sia
costato portare la pace e quanto questa venga messa in pericolo dagli accadimenti degli ultimi anni.
Un falso senso di sicurezza li porta a credere che la guerra sia solo quella che si vede in televisione e che mai, nella civilissima Europa, si potrà arrivare a tanto.
Eppure l'allargamento forzato ai paesi ex-sovietici, la volontà politica di recidere i rapporti economici e di buon vicinato con la nuova Russia, le derive nazionaliste di alcuni movimenti politici populisti, alimentano la volontà guerrafondaia di coloro che ogni giorno alzano l'asticella della tensione, facendo percepire all'opinione pubblica un clima sempre più teso.
Anche la minaccia del califfato Islamico sembra, più che nata per caso, pianificata a tavolino dalla stessa amministrazione Americana che ammette di "combattere ciò che ha creato".

Il Santo Padre ammonisce i mercanti di armi che, spinti dalla cupidigia e dalla bramosia di profitto, mettono le nazioni le une contro le altre e ci fa riflettere con una frase : "l'Umanità ha bisogno di piangere".
La storia insegna che i conflitti sono parte essenziale della natura dell'uomo, periodi di pace si susseguono eventi bellici sulle cui macerie si ricostruiscono le civiltà e sorgono nuovi ordini mondiali.
Sono i luoghi come  Redipuglia che insegnano alle nuove generazioni il valore della libertà e della vita umana
e il Santo Padre ce lo rammenta, ricordandoci anche che la pace, persino da noi, non è per nulla scontata.

lunedì 24 marzo 2014

Il nuovo Nazionalismo, fine del sogno Europeo


Avanzata il Fronte Nazionale di Le Pen, che passa il turno alle elezioni municipali e segna la rinascita dei moti nazionalisti  in Francia come in Europa.
Quasi otto anni di crisi economica stanno seriamente minando il processo di integrazione Europeo e lo si vede dagli innumerevoli movimenti populistiche raccolgono un sempre maggiore consenso alle elezioni.
L'Europa dei poteri forti, quella voluta dalle banche e dagli industriali interessati esclusivamente al profitto, sta raggiungendo il capolinea.
Il processo di unificazione dei popoli, iniziato con le promesse di pace e prosperità per tutti, sembra improvvisamente rivelarsi un inganno preparato ad arte per soffocare i moti che dal dopoguerra ad oggi hanno portato alle conquiste e al benessere raggiunto dalla classe operaia.
L'allargamento geografico, dettato esclusivamente dalla ricerca di nuovi mercati in cui vendere, la delocalizzazione selvaggia, che sposta la produzione lasciando a noi le macerie, la pretesa di competere con paesi dove il diritto del lavoratore non esiste, nonché le misure di austerità, che stanno uccidendo le imprese che ancora resistono alla crisi; agli occhi di molti questa sembra la politica perseguita dai burocrati europei.
Tutti noi viviamo sulla nostra pelle quello che sta accadendo tra licenziamenti, cassa integrazione e impoverimento e guardiamo con timore a chi sta ancora peggio di noi, pensiamo alla Grecia o alla Spagna.
Eppure chi in Europa prospera è proprio chi impone le direttive economiche,  la Germania è riuscita ad imporre la sua politica a scapito di altri, riuscendo per altro nel tanto sospirato progetto di conquista Europeo, realizzato non più con la forza militare, ma grazie ad una politica monetaria che la ha avvantaggiata, a scapito di paesi come il nostro che da sempre hanno potuto competere sul mercato grazie a politiche di svalutazione, ora non più attuabili.
Ma al di là delle cause che hanno portato alla crisi che imperversa sul continente, ben più importanti potrebbero essere le conseguenze a lungo termine.
La scalata al potere del fronte Nazionalista in Francia, ricorda molto quanto successe proprio in Germania a cavallo delle due Guerre mondiali.
Il partito di Le Pen è contro l'immigrazione degli stranieri, accusati di impoverire il paese e di sottrarre risorse ai francesi, si oppone fermamente al processo di islamismo che accomuna gran parte dei paesi europei, ma soprattutto e contrario all'Europa, sostenendo come la moneta unica abbia impoverito la nazione e abbia privato i francesi della loro sovranità.
Allo stesso modo il Nazismo in Germania, così come il Fascismo in Italia, fece breccia nei ceti medi a seguito della crisi economica del '29.
Allora come oggi, si tentò di combattere la crisi con una politica di austerity e di privatizzazioni e fu allora che i tedeschi, sempre più impoveriti, iniziarono a coltivare tendenze estremiste e a sostenere le idee nazionaliste.
Come successe allora, il partito di Le Pen propone un'ideologia patriottica e facili capri espiatori su cui sfogare la rabbia per le difficolta economiche, ed ecco come un Europa che impone misure impopolari e apre le porte all'immigrazione senza condizioni, diventa il nemico da cui difendersi.
Questi movimenti si stanno diffondendo a macchia d'olio ovunque, nella stessa Germania gli antieuro tedeschi di «Alternative fuer Deutschland» si affacciano per la prima volta ad una competizione elettorale mentre in Grecia, come è facile immaginare, i partiti euroscettici sono addirittura due, i neonazisti di Alba Dorata e il  movimento ellenico Dracmh che richiama punti programmatici del nostro Movimento cinque stelle.

Di segnali preoccupanti c'è ne sono dunque fin troppi, se la politica degli eurocrati continuerà su questa strada i consensi su questo moti non potranno fare altro che aumentare e ad un certo punto non sarà più possibile contenere il malumore popolare.
E' sempre più concreto il rischio di una deflagrazione, destinata a riportarci indietro di ottant'anni, ai tempi in cui era di moda il saluto romano.
 






martedì 18 marzo 2014

Ucraina, chi ha ragione?


Il referendum in Crimea con la successiva adesione alla Federazione Russa ha spiazzato un'Europa convinta di avere strappato a Putin un'importante ex repubblica sovietica come l'Ucraina.
Le recenti manifestazioni che hanno portato alla destituzione del presidente Yanukovich, sono il prodotto del braccio di ferro tra l'Occidente e la Russia che si contendono un paese enorme, grande esportatore di alimenti, ricco di giacimenti e forte di un'importante industria.
Sembrava cosa fatta, la promessa di una futura adesione all'unione Europea e un probabile aiutino dato dall'esterno, pareva avesse spostato irrimediabilmente Kiev  nell'orbita Occidentale.
Ma la risposta Russa è stata ben diversa da quanto preventivato e, con una manovra muscolare che non si vedeva dai tempi della guerra fredda, Putin si prende la Crimea, con un referendum che viola tutte le norme internazionali nonché l'integrità dell'Ucraina.
Gli ucraini di Crimea, o per meglio dire i Russi di Crimea, festeggiano in questo momento la proclamazione dell'indipendenza, con i giovani che inneggiano a Putin e i vecchi che ricordano la grandezza dell'Unione Sovietica.

Non si può negare che l'allargamento verso est dell'unione Europea rappresenti l'intento di inglobare i futuri mercati emergenti dell'est, con un'occhio di riguardo verso quei paesi di interesse strategico per risorse e posizione geografica. Per gli Stati Uniti si tratta invece di isolare sempre di più la Federazione Russa, con l'obiettivo di portare la NATO con i suoi missili ai confini di Mosca.
Probabilmente non ci si aspettava una simile reazione da parte di  Putin, ma agli occhi del Cremlino è stata l'unica delle opzioni possibili,  intesa ad evitare che il  paese venisse messo all'angolo.
Inoltre, al di là degli interessi strategici ed economici, in una regione dove la popolazione russofona rappresenta la quasi totalità, con una storia indissolubilmente legata  alla Russia, forse c'era da aspettarsi una reazione di questo tipo.
Avallando il referendum inoltre si demarca la linea rossa oltre la quale la Russia non è più disposta ad arretrare e lancia un chiaro segnale teso a scoraggiare qualunque altra iniziativa simile nelle altre ex republiche sovietiche, Putin di fatto sta tutelando gli interessi nazionali del suo paese e dal suo punto di vista ha agito nell'unico modo possibile.
E' comunque difficile credere che sia stata l'unione Europea a promuovere la rivoluzione Ucraina e l'ennesima spaccatura tra i vari leader è a conferma di questo, mentre Francia e Inghilterra promettono sanzioni economiche, la Germania, con Italia al seguito, frena e chiede una soluzione diplomatica.
I vantaggi che derivano dall'avere l'Ucraina nell'orbita della UE non sarebbero certamente superiori  agli svantaggi conseguenti a sanzioni reciproche con la Russia, senza contare che l'inasprirsi della crisi potrebbe portare ad una nuova guerra fredda, con una nuova corsa agli armamenti.
In conseguenza di ciò forse sarebbe più corretto dire che solo una parte dell'Unione Europea sia interessata al cambio di regime a Kiev.
Una possibile soluzione a questa crisi potrebbe vedere la Crimea annessa alla Russia, mentre Kiev, con il benestare di Mosca, avrebbe un governo almeno in apparenza filo Occidentale, un confronto militare appare, si spera,  molto improbabile.
Ben più preoccupanti potrebbero essere le conseguenze di questa crisi oltreoceano: la risposta di Obama  viene giudicata troppo morbida e potrebbe essere considerata la causa del nuovo protagonismo Russo.
Come dire che il prossimo presidente degli Stati Uniti sarà repubblicano, con tutte le conseguenze del caso.

martedì 28 gennaio 2014

Banca d'Italia privatizzata


Con un decreto legge passato in secondo piano il governo Letta intende privatizzare la Banca d'Italia.
Tale provvedimento va a quotare in borsa l'istituto finanziario che da sempre vigila sulle finanze italiane, esponendola ai mercati speculativi e scardinando un sistema stabile e collaudato che esiste fin dai primi anni del secolo scorso.
Alcuni gruppi parlamentari, come il movimento 5 Stelle, condannano tale decisione definendolo come l'ennesimo furto ai danni dei cittadini.
Tale decisione puo avere in prima analisi ben poco di comprensibile e sembra un provvedimento studiato per compiacere i poteri forti della BCE, con l'obiettivo di avvinghiare ulteriormente la politica bancaria del nostro paese, rivelatasi in maniera del tutto insopettabile molto più lungimirante ed attenta di molti altri paesi del vecchio continente.
I politici nostrani motivano questa scelta con la volontà di aumentare il valore delle quote di questo istituto, ferme dal 1936 a circa centocinquanta mila euro.
Da sempre questo capitale puramente simbolico è stato partecipato da una ristretta rosa di banche ed istituti statali rigorosamente italiani.
Obiettivo principale è stato fin da sempre  quello di vigilare sul mercato finanziario, definendo le politiche con le quali le Banche prestano il denaro ed investono, perseguendo l'interesse nazionale.
Il timore di questa cessione al privato va ricercato nel potenziale conflitto di interesse che i nuovi azionisti di Bankitalia potranno avere, avendo voce in capitolo nella scelta dei mercati finanziari.
Inoltre la nuova regolamentazione prevede che tutti i soci non possano possedere più del 3% delle quote ciascuno.
Dato che isituti come Banca Intesa e Unicredit possiedono da sole più del 50% delle quote, queste dovranno essere redistribuite e non è detto che non vadano a finire in mani straniere, che faranno di tutto salvo che l'interesse del nostro paese.
Il decreto prevede inoltre che Bankitalia stessa, o meglio lo Stato Italiano cioè noi, ricompri le eccedenze di quote, ad un costo attualmente non quantificabile ma certamente elevato. Potrebbe essere un aiuto di stato furbescamente camuffato?
 Preocupazioni e perplessità per questa decisione vengono manifestate addirittura da esponenti di Bankitalia stessa, spiazzate di fronte ad un provvedimento che neppure loro comprendono.
Il nostro governo farebbe meglio a rivedere questa decisione e a dare motivazioni valide a sostegno, l'impressione infatti è quella dell'ennesima regalia di stato che saranno i cottadini tutti a pagare.

mercoledì 22 gennaio 2014

Cina e India salveranno l'umanità


Il secolo scorso è stato caratterizzato da un gran numero di progressi scientifici. Gran parte dei progressi che hanno portato alle innovazioni tecnologiche che fanno parte oggi della nostra vita, sono infatti frutto dei conflitti che hanno portato le nazioni a confrontarsi sul piano militare nel secolo trascorso.
Le due guerre mondiali hanno aperto la strada alla meccanizzazione di massa e alle comunicazioni radio, mentre la guerra fredda, decisamente meno cruenta per nostra fortuna, ha portato l'uomo sulla Luna.
Attualmente l'umanità sta vivendo un periodo di pace e stabilità globale relativamente lungo, sotto l'egida dell'occidente che ricoprono il ruolo di gendarme delle nazioni.
La corsa verso gli armamenti, ed alle inevitabili nuove scoperte tecnologiche, si è arrestata con la stessa velocità con la quale si è disgregata l'ex Unione Sovietica; non si può negare il fatto che gli aerei supersegreti e le armi moderne di oggi derivino da progetti sviluppati durante il culmine della tensione tra i due blocchi contrapposti.
Oggi la spinta verso nuove conquiste da parte dell'occidente si è completamente arrestata; la Luna è stata completamente abbandonata, mentre il progetto che prevede di portare l'uomo su Marte è stato accantonato in favore di missioni decisamente meno ambiziose.
Gran parte del potenziale scientifico ed industriale è concentrato sulla produzione di beni di consumo di massa, che migliorano in parte la qualità della nostra vita, a scapito evidentemente dei paesi del terzo mondo, ma secondo un'ottica esclusivamente consumistica e rivolta al profitto.
Un conto è impiegare risorse e tempo per sviluppare una tecnologia che consenta a tutti di trarre dei benefici, come ad esempio la telefonia mobile, un'altro è la creazione di un cicolo vizioso consumistico che ci impone di sostituire uno smartphone ogni sei mesi e un televisore da sessanta pollici ogni paio d'anni.
L'occidente ha avuto un periodo di predominio sufficentemente lungo dare una soluzione ai problemi che affliggono il mondo, dalla fame al disperato bisogno di energia, fino ai conflitti etnici. Ma invece di proporsi come guida verso un mondo migliore ci siamo crogiolati nel benessere, adottando una politica di contenimento e sfruttamento verso quei paesi che costituivano un'immensa riserva di forza lavoro e risorse a basso costo. Oggi questi paesi, da produttori sottopagati, si sono trasformati in consumatori con le tasche piene di soldi e rimettono in discussione il primato dell'occidente. Una nuova corsa allo spazio, ad opera di Cina e India in testa, è cominciata e forse darà un nuovo slancio a nuove conquiste verso Marte ed oltre.
Le più popolose nazioni del mondo, che da sole costituiscono quasì la metà degli esseri umani, hanno deciso di elevare il loro livello di vita al nostro, se non al di sopra, ma sono ben consapevli che il modello consumistico e di sfruttamento da noi adottato non è sostenibile. Va da se che la via verso una vita migliore passa necessariamente da nuove fonti di energia, tutte ancora da scoprire.
La nuova corsa allo spazio potrebbe essere la scintilla per una nuovo confronto tra nazioni verso la scoperta di nuove fonti di energia come la fusione nucleare e verso nuovi mezzi di trasporto.
Pertanto potrebbero essere proprio questi paesi a fornire la chiave di sopravvivenza al genere umano e a divenire il nuovo punto di riferimento a cui tutti, noi occidentali compresi, dovremo uniformarci.

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