lunedì 24 marzo 2014

Il nuovo Nazionalismo, fine del sogno Europeo


Avanzata il Fronte Nazionale di Le Pen, che passa il turno alle elezioni municipali e segna la rinascita dei moti nazionalisti  in Francia come in Europa.
Quasi otto anni di crisi economica stanno seriamente minando il processo di integrazione Europeo e lo si vede dagli innumerevoli movimenti populistiche raccolgono un sempre maggiore consenso alle elezioni.
L'Europa dei poteri forti, quella voluta dalle banche e dagli industriali interessati esclusivamente al profitto, sta raggiungendo il capolinea.
Il processo di unificazione dei popoli, iniziato con le promesse di pace e prosperità per tutti, sembra improvvisamente rivelarsi un inganno preparato ad arte per soffocare i moti che dal dopoguerra ad oggi hanno portato alle conquiste e al benessere raggiunto dalla classe operaia.
L'allargamento geografico, dettato esclusivamente dalla ricerca di nuovi mercati in cui vendere, la delocalizzazione selvaggia, che sposta la produzione lasciando a noi le macerie, la pretesa di competere con paesi dove il diritto del lavoratore non esiste, nonché le misure di austerità, che stanno uccidendo le imprese che ancora resistono alla crisi; agli occhi di molti questa sembra la politica perseguita dai burocrati europei.
Tutti noi viviamo sulla nostra pelle quello che sta accadendo tra licenziamenti, cassa integrazione e impoverimento e guardiamo con timore a chi sta ancora peggio di noi, pensiamo alla Grecia o alla Spagna.
Eppure chi in Europa prospera è proprio chi impone le direttive economiche,  la Germania è riuscita ad imporre la sua politica a scapito di altri, riuscendo per altro nel tanto sospirato progetto di conquista Europeo, realizzato non più con la forza militare, ma grazie ad una politica monetaria che la ha avvantaggiata, a scapito di paesi come il nostro che da sempre hanno potuto competere sul mercato grazie a politiche di svalutazione, ora non più attuabili.
Ma al di là delle cause che hanno portato alla crisi che imperversa sul continente, ben più importanti potrebbero essere le conseguenze a lungo termine.
La scalata al potere del fronte Nazionalista in Francia, ricorda molto quanto successe proprio in Germania a cavallo delle due Guerre mondiali.
Il partito di Le Pen è contro l'immigrazione degli stranieri, accusati di impoverire il paese e di sottrarre risorse ai francesi, si oppone fermamente al processo di islamismo che accomuna gran parte dei paesi europei, ma soprattutto e contrario all'Europa, sostenendo come la moneta unica abbia impoverito la nazione e abbia privato i francesi della loro sovranità.
Allo stesso modo il Nazismo in Germania, così come il Fascismo in Italia, fece breccia nei ceti medi a seguito della crisi economica del '29.
Allora come oggi, si tentò di combattere la crisi con una politica di austerity e di privatizzazioni e fu allora che i tedeschi, sempre più impoveriti, iniziarono a coltivare tendenze estremiste e a sostenere le idee nazionaliste.
Come successe allora, il partito di Le Pen propone un'ideologia patriottica e facili capri espiatori su cui sfogare la rabbia per le difficolta economiche, ed ecco come un Europa che impone misure impopolari e apre le porte all'immigrazione senza condizioni, diventa il nemico da cui difendersi.
Questi movimenti si stanno diffondendo a macchia d'olio ovunque, nella stessa Germania gli antieuro tedeschi di «Alternative fuer Deutschland» si affacciano per la prima volta ad una competizione elettorale mentre in Grecia, come è facile immaginare, i partiti euroscettici sono addirittura due, i neonazisti di Alba Dorata e il  movimento ellenico Dracmh che richiama punti programmatici del nostro Movimento cinque stelle.

Di segnali preoccupanti c'è ne sono dunque fin troppi, se la politica degli eurocrati continuerà su questa strada i consensi su questo moti non potranno fare altro che aumentare e ad un certo punto non sarà più possibile contenere il malumore popolare.
E' sempre più concreto il rischio di una deflagrazione, destinata a riportarci indietro di ottant'anni, ai tempi in cui era di moda il saluto romano.
 






martedì 18 marzo 2014

Ucraina, chi ha ragione?


Il referendum in Crimea con la successiva adesione alla Federazione Russa ha spiazzato un'Europa convinta di avere strappato a Putin un'importante ex repubblica sovietica come l'Ucraina.
Le recenti manifestazioni che hanno portato alla destituzione del presidente Yanukovich, sono il prodotto del braccio di ferro tra l'Occidente e la Russia che si contendono un paese enorme, grande esportatore di alimenti, ricco di giacimenti e forte di un'importante industria.
Sembrava cosa fatta, la promessa di una futura adesione all'unione Europea e un probabile aiutino dato dall'esterno, pareva avesse spostato irrimediabilmente Kiev  nell'orbita Occidentale.
Ma la risposta Russa è stata ben diversa da quanto preventivato e, con una manovra muscolare che non si vedeva dai tempi della guerra fredda, Putin si prende la Crimea, con un referendum che viola tutte le norme internazionali nonché l'integrità dell'Ucraina.
Gli ucraini di Crimea, o per meglio dire i Russi di Crimea, festeggiano in questo momento la proclamazione dell'indipendenza, con i giovani che inneggiano a Putin e i vecchi che ricordano la grandezza dell'Unione Sovietica.

Non si può negare che l'allargamento verso est dell'unione Europea rappresenti l'intento di inglobare i futuri mercati emergenti dell'est, con un'occhio di riguardo verso quei paesi di interesse strategico per risorse e posizione geografica. Per gli Stati Uniti si tratta invece di isolare sempre di più la Federazione Russa, con l'obiettivo di portare la NATO con i suoi missili ai confini di Mosca.
Probabilmente non ci si aspettava una simile reazione da parte di  Putin, ma agli occhi del Cremlino è stata l'unica delle opzioni possibili,  intesa ad evitare che il  paese venisse messo all'angolo.
Inoltre, al di là degli interessi strategici ed economici, in una regione dove la popolazione russofona rappresenta la quasi totalità, con una storia indissolubilmente legata  alla Russia, forse c'era da aspettarsi una reazione di questo tipo.
Avallando il referendum inoltre si demarca la linea rossa oltre la quale la Russia non è più disposta ad arretrare e lancia un chiaro segnale teso a scoraggiare qualunque altra iniziativa simile nelle altre ex republiche sovietiche, Putin di fatto sta tutelando gli interessi nazionali del suo paese e dal suo punto di vista ha agito nell'unico modo possibile.
E' comunque difficile credere che sia stata l'unione Europea a promuovere la rivoluzione Ucraina e l'ennesima spaccatura tra i vari leader è a conferma di questo, mentre Francia e Inghilterra promettono sanzioni economiche, la Germania, con Italia al seguito, frena e chiede una soluzione diplomatica.
I vantaggi che derivano dall'avere l'Ucraina nell'orbita della UE non sarebbero certamente superiori  agli svantaggi conseguenti a sanzioni reciproche con la Russia, senza contare che l'inasprirsi della crisi potrebbe portare ad una nuova guerra fredda, con una nuova corsa agli armamenti.
In conseguenza di ciò forse sarebbe più corretto dire che solo una parte dell'Unione Europea sia interessata al cambio di regime a Kiev.
Una possibile soluzione a questa crisi potrebbe vedere la Crimea annessa alla Russia, mentre Kiev, con il benestare di Mosca, avrebbe un governo almeno in apparenza filo Occidentale, un confronto militare appare, si spera,  molto improbabile.
Ben più preoccupanti potrebbero essere le conseguenze di questa crisi oltreoceano: la risposta di Obama  viene giudicata troppo morbida e potrebbe essere considerata la causa del nuovo protagonismo Russo.
Come dire che il prossimo presidente degli Stati Uniti sarà repubblicano, con tutte le conseguenze del caso.

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