martedì 29 marzo 2011

Skylon, erede dello Space Shuttle



Terminate le missioni di rifornimento della Stazione Spaziale Internazionale ad opera della flotta di Spache Shuttle.
Dopo 30 anni di onorata carriera, tra successi e disastri, il fiore all'occhiello della NASA se ne va in pensione, lasciando un vuoto che verrà temporaneamente colmato dai vettori Russi.
Uno dei possibili eredi, secondo la Cnn, potrebbe essere un progetto denominato Skylon, sviluppato dall'azienda Britannica Reaction Engines Limited (REL).
Il veicolo, in grado di funzionare senza pilota, rivoluzionerà il trasporto orbitale consentendo l'accesso allo spazio da parte dei primi turisti che non possono permettersi un costoso viaggio da milioni di euro.
Avrà la forma di un cilindro lungo all'incirca 82 metri e del diametro di 6,3 metri, capiente abbastanza da contenere grandi quantità del carburante che utilizza, l'idrogeno.
La navetta sarà così sofisticata da essere in grado di entrare in orbita senza l'ausilio di vettori, come al contrario avviene per lo Spache Shuttle, tutto questo grazie un propulsore rivoluzionario, denominato SABRE.
Il SABRE è sarà in grado di funzionare come un normale motore a reazione, capace di spingere il veicolo alla velocita di mach 5.5, fino ad un altitudine di 26 chilometri. A questa quota il propulsore inizia a lavorare come un motore a razzo, in grado di spingere lo Skylon a quota orbitale.
Uno dei problemi che il progetto ha dovuto risolvere è relativo alle temperature elevate che il propulsore deve essere in grado di sopportare a queste velocità.
Per resistere alle migliaia di gradi generate dall'attrito con l'aria, i materiali dovrebbero essere rinforzati, con un conseguente peso eccessivo del veicolo.
Utilizzando parte dell'idrogeno raffreddare l'aria all'interno del motore è possibile abbassare notevolmente le temperature di esercizio, permettendo di utilizzare materiali più leggeri nella costruzione dello Skylon.
La forma stretta e allungata consente inoltre di ridurre notevolmente le temperature generate durante il rientro in atmosfera, circa 1000 gradi anzichè i 2000 gradi dello Spache Shuttle, che richiede le fragili e costose piastre ceramiche causa del disastro del Columbia nel 2003.
Il progetto avrà un costo di sviluppo di circa 12 miliardi di dollari e ad esso è interessata l'Agenzia Spaziale Europea, che ha contribuito con un finanziamento iniziale di 1 milione di euro, destinato evidentemente ad aumentare.

lunedì 28 marzo 2011

Sarkozy, uno schiaffo all'Italia



Nella giornata di oggi Barack Obama, David Cameron, Nicolas Sarkozy e Angela Merkel hanno partecipato ad una inusuale video conferenza, a poche ore dal vertice che si terra a Londra, per delineare un piano comune nei confronti della Libia.
Grande imbarazzo e sorpresa per il nostro Governo, del cui incontro non è stato neppure informato.
Povera Italia, trascinata in un conflitto contro il principale partner economico del Nord Africa, costretta a sottostare al diktat Francese e anglo americano sull'utilizzo delle basi per bombardare Gheddafi, assaltata da decine di migliaia di immigrati che nessun altro paese Europeo è disposto ad accogliere.
Mancava solo l'onta di non essere neanche invitati ad una banale videoconferenza, neppure in qualità di comparse.
Il segnale politico che viene dato è fin troppo chiaro: il nostro paese ha zero voce in capitolo sulla questione Libica.
In barba ai goffi tentativi di riportare la missione sotto una farlocca egida NATO, Sarkozy dimostra chi effettivamente detiene il comando delle operazioni, a dispetto di un Italia che ancora una volta dovrà limitarsi ad accodarsi alle decisioni prese da altri.
Questi i prestigiosi risultati di un Governo che crede che la politica estera si faccia dispensando sorrisi e pacche sulle spalle.
Un Governo che accoglie un dittatore in trionfo a Roma, sbandierando in mondo visione i buoni affari strappati grazie all'amicizia che lega il Premier al "Leader di libertà", affari peraltro da sempre intrattenuti dall'ENI, ma in maniera decisamente più discreta.
Un Governo davvero convinto che l'Italia sia protagonista del mondo, almeno sulle questioni che non interessano a nessun altro.
Triste il commento del ministro Frattini, costretto a stendere un velo pietoso dichiarando :

"L'Italia non sente affatto la sindrome dell'esclusione, Usa, Gran Bretagna, Francia e Germania con questa videoconferenza non stanno decidendo nulla".

Probabilmente i capi di governo si sono riuniti semplicemente per discutere del tempo che fa nelle rispettive capitali.
Intanto assistiamo impotenti all'assalto di Lampedusa ad opera di baldi giovani griffati, che tutto sono fuorché profughi di guerra.
Maroni è già pronto ad avviare le espulsioni, ma esiste il timore che queste decine di migliaia di ragazzi, che certamente non troveranno lavoro e quindi trarranno sostentamento in altro modo, ce li dovremo tenere, pur di non essere accusati di violare i diritti umani.
La speranza è che i Politici, con la "P" maiuscola riescano a farci recuperare un minimo di autorevolezza e credibilità, ci riferiamo evidentemente al Presidente della Repubblica Napolitano, forse ultimo baluardo ancora degno del massimo rispetto.

domenica 27 marzo 2011

Il programma nucleare Italiano



L'incidente di Fukushima scatena nuovi dubbi e polemiche sul ritorno al nucleare in Italia.
Sfruttando l'onda emotiva del disastro in Giappone gli oppositori cercano di ripetere quanto successe con il referendum del 1987, indetto subito dopo il disastro di Černobyl.
Allora come oggi grandi interessi economici internazionali influenzano il destino della politica energetica del nostro paese, dietro i fronti del pro e contro agiscono in gran segreto potenti lobby.
Il progetto, che prevede la costruzione di almeno sei centrali nucleari del valore di quattro miliardi di euro ciascuna, ha attirato l'attenzione dei principali colossi industriali del settore, la Francese Areva e le due principali multinazionali americane, Westinghouse e General Elettric.
Di recente Areva ha vinto la gara di appalto per quattro centrali nucleari, tagliando fuori i concorrenti Statunitensi. Scoppia tuttavia lo scandalo quando le ultime indiscrezioni di Wikileaks rivelano che il Governo Francese ha pagato tangenti ai politici italiani per accaparrarsi la commessa. Questi cables fanno parte di informazioni che sono state inviate a Washington, ovviamente irritata per essere stata esclusa dal ricco mercato Italiano.
Se la normativa di legge dovesse prevedere come unica tipologia di reattori, quelli di Areva, i concorrenti sarebbero definitivamente tagliati fuori. Non è di questo avviso il ministro Claudio Scajola, interessato ai progetti americani in quanto prevedono per la costruzione, la collaborazione di diverse aziende Italiane, tra cui Ansaldo Nucleare — azienda della terra di Scajola.

Il ritorno al nucleare potrebbe comunque subire una battuta di arresto, sfruttando il timore dell'opinione pubblica sul tema, a trarne vantaggio sarebbero aziende come Eni ed Enel, che hanno nella Russia di Putin il principale partner commerciale.
La dipendenza energetica è un'arma determinate nella politica estera di Mosca, interessata all'abbandono del progetto e potendo contare sui rapporti preferenziali con Berlusconi.
L'avvio del programma causerebbe un'allontanamento dalla Russia, assumendo per questo un'importanza cruciale sugli assetti strategici in Europa.

giovedì 24 marzo 2011

Gli eroi di Fukushima



I reattori della centrale nucleare di Fukushima continuano a bruciare, con il rischio di innescare una fusione dalle conseguenze disastrose. Per scongiurare la catastrofe il governo Giapponese è costretto ad un'azione estrema, ovvero chiedere a centinaia di tecnici della centrale di operare all'interno della struttura, pur sapendo che le radiazioni, il cui livello continua ad aumentare, saranno fatali per molti.
Abbiamo visto gli eroi in televisione durante una breve cerimonia, in cui a turno stringevano la mano al governatore di Tokyo con un breve inchino, prima di dirigersi verso Fukushima.
Ragazzi per lo più giovani, a cui è stato chiesto di sacrificare la propria vita per salvare la nazione, armati di un coraggio e di un orgoglio rari, disposti a gettarsi nell'inferno pur di proteggere i propri cari.
Quanti uomini accetterebbero un simile compito?

In questo momento gli eroi di Fukushima lottano contro la morte, nel tentativo di ripristinare i sistemi di controllo all'interno della centrale.
Si ha notizia di almeno due tecnici che, a causa dell'eccessiva esposizione sono ricoverati in ospedale in gravi condizioni, un terzo sarebbe ferito e riporterebbe ustioni da radiazione in diverse parti del corpo.
Se la catastrofe verrà evitata, sarà grazie al coraggio di questi uomini, a cui non possiamo fare altro che rendere grazie.

lunedì 21 marzo 2011

Perchè Sarkozy attacca la Libia



Quali sono le vere motivazioni che spingono il Presidente Francese a dichiarare guerra alla Libia?
Da una parte ci sono le ragioni ufficiali altruiste ed idealiste, per le quali Sarkozy ha parlato alla nazione nel discorso in cui annunciava l'attacco a Muammar, sostenendo la necessità di salvaguardare la vita del popolo libico, trucidato dall'esercito fedele al Rais.
Dall'altra parte troviamo le vere ragioni di stato, ritenute evidentemente così importanti da giustificare un cambiamento radicale in politica estera, soprattutto nei confronti del mondo Arabo.
Le motivazioni politiche sono fin tropo chiare, l'anno prossimo la Francia sarà chiamata ad eleggere il nuovo presidente e, qualora gli eventi sul fronte libico si mettano bene, Sarkozy potrà presentarsi da vincitore agli elettori, garantendosi la rielezione.
Senza contare che il nuovo ruolo di protagonismo estero potrebbe riportare la Francia alla cosiddetta "Grandeur", un concetto tanto caro al generale De Gaulle.
Tuttavia le principali motivazioni sono di natura strategica, infatti la Francia, ex potenza coloniale che esercita ancora una certa influenza sui paesi Africani, si è trovata impreparata durante le rivoluzioni in Egitto e in Tunisia. Rivoluzioni fin da subito accolte da Obama e inizialmente ignorate dai principali paesi Europei, Italia compresa, in realtà speranzosi che i dittatori e i Rais cullati da anni in cambio dell'accesso alle risorse energetiche e minerarie, potessero restare al loro posto.
Aiutando i ribelli ad abbattere il regime di Gheddafi, nonostante le resistenze di numerosi paesi, la Francia si auto candida a diventare il nuovo riferimento dei paesi maghrebini e la nuova guida della politica estera Europea.
Infine le motivazioni economiche. La Libia ha un rapporto privilegiato con l'Italia e l'ENI aveva da poco stipulato un accordo decennale con Gheddafi per l'accesso e lo sfruttamento degli enormi giacimenti Libici.
Un nuovo governo per la Libia significa nuovi contratti, che saranno certamente aggiudicati al principale sostenitore della rivoluzione.
Certamente a rimetterci di più sarebbe l'Italia, con una conseguente perdita economica dell'ordine di svariate decine di miliardi di euro.
Purtroppo la cosiddetta "amicizia" tra il nostro Premier e Gheddafi ha seriamente compromesso la credibilità internazionale Italiana e il nostro paese è costretto, suo malgrado, a supportare una missione a comando Francese che utilizza basi Italiane, mentre un ministro Frattini evidentemente imbarazzato chiede invano che il comando passi alla Nato.
Il nuovo atteggiamento di Sarkozy da "piccolo Napoleone" desta numerose perplessità. Ha deciso di scatenare la guerra senza consultarsi con la Nato nè tantomeno con gli alleati Europei, ha snobbato la pacifista Merkel ed ha aperto il vertice a Parigi senza aspettare Berlusconi, che in effetti aveva ben poco da dire. Vuole sostituirsi agli Stati Uniti come guida nella politica mediterranea e per questo scarica bombe a braccetto con Cameron.
Nel frattempo Roma mette a disposizione le sue basi per bombardare il suo principale partner della regione, mobilita l'aviazione e la marina per prevenire colpi di coda della caduta del regime e si prepara ad accogliere milioni di profughi.
Forse per Sarkozy la Libia non è altro che uno spettacolo di fuochi di artificio, utili per celebrare la ritrovata Grandeur.

mercoledì 16 marzo 2011

Terremoto in Giappone



Il fiero popolo del Sol Levante in ginocchio di fronte alla forza brutale e crudele della natura.
Un terremoto di proporzioni bibliche e un'ondata nera che tutto cancella, a ricordarci della fragilità dell'uomo e delle sue costruzioni dinnanzi alla furia della Terra.
Di fronte a tanta distruzione resta solo lo sgomento e la consapevolezza della pochezza delle costruzioni umane, spazzate via in pochi minuti dall'impetuoso tsunami che ha strappato la vita a migliaia di persone.
Quello che resta ora è un cumulo di macerie, fin troppo somigliante a quell'agosto del 1945, attraverso le quali persone che hanno perso tutto vagano alla ricerca della loro vita perduta, neppure in grado di riconoscere ciò che resta della propria casa.
I superstiti si cercano da un campo all'altro nella speranza di ricongiungersi a un qualche caro sopravvissuto.
Nelle città colpite manca tutto, mentre i soccorsi non sono neppure in grado di portare il loro aiuto dove serve. Colonne di mezzi di soccorso si fermano dinnanzi ai cumuli di macerie, sotto i quali giacciono ancora un numero imprecisato di vittime.
Ma l'accanimento degli eventi non si ferma e, mentre la terra continua a tremare, al disastro della natura rischia di sommarsi il disastro dell'uomo.
La centrale nucleare di Fukushima, colpita dallo tsunami, rischia di fondere e scaglia i suoi rifiuti radioattivi per tutta l'area.
Se la centrale dovesse esplodere il fumo tossico si diffonderebbe nell'intero globo in poche ore, allo stesso modo di quanto successe a Černobyl nel 1986.
La zona attorno alla centrale viene evacuata nel raggio di 20 chilometri, ma gli esperti dicono che non basta, a Tokyo sono già elevati i livelli di radiazione e la megalopoli si svuota.
Per la seconda volta il Giappone si trova ad affrontare un'olocausto nucleare, non per guerra o volere dell'uomo, ma per eventi contro i quali si è impotenti.
Possiamo solo provare ammirazione per un popolo che, nel dolore e nella distruzione, sopporta il dramma di avere perso tutto con dignità e stoicismo.
Una compostezza che nessun altro potrebbe avere e da cui trarre insegnamento.

mercoledì 2 marzo 2011

Le ragioni della rivoluzione Libica


Cosa sta accadendo realmente in Libia?
Appena iniziata la rivoluzione, sembrava che Gheddafi avesse raccolto la refurtiva e si fosse rifugiato in un paese compiacente.
Invece dopo giorni Muammar è ancora alla guida del paese e ogni giorno appare alla televisione di stato, con lunghi sproloqui con i quali tenta di difendere la sua posizione, spiegando che la rivoluzione è stata attuata da una minoranza mossa da Al-Quaeda con l'obiettivo di trasformare la Libia nel nuovo Afghanistan.
Nel contempo accusa l'occidente di volerlo destituire, per impossessarsi delle ricchezze della Libia.
I conti riconducibili a Gheddafi, situati in svariati paesi del mondo e che ammontano a svariate decine di miliardi di euro, vengono congelati, mentre il paese viene circondato dalla flotta della NATO, mettendo in campo una potenza militare che tutto sembra, fuorché una task force di aiuti umanitari.
Le proprietà all'estero ricondotte a Gheddafi vengono stimate in circa 120 miliardi di euro e potrebbero costituire un boccone ghiotto per i governi Europei provati dalla crisi economica.
Ma se davvero il popolo libico e l'esercito vogliono destituire il Colonnello, com'è possibile che dopo tanti giorni dall'inizio degli scontri, Muammar sia ancora al suo posto? E se è vero che la metà del paese è in mano agli insorti, per quale motivo ancora non abbiamo notizie da quelle regioni? Continua la censura assoluta e le uniche informazioni che ci arrivano sono filmati girati con telefoni cellulari, che non sono tuttavia in grado di dimostrare le stragi di civili in atto.
Eppure la propaganda mediatica si è messa puntualmente in moto, preparando l'opinione pubblica a un intervento della comunità internazionale che sempre più assomiglia ad un'invasione.
L'intenzione della NATO è quella di instaurare una NO FLY ZONE sul territorio Libico, atto che formalmente coincide con una vera e propria dichiarazione di guerra, in quanto viola la sovranità territoriale di un paese occupandone lo spazio aereo.
Nelle operazioni militari inoltre il controllo dello spazio aereo rappresenta l'anticamera dell'invasione di terra.
L'Italia si trova in una difficile posizione, in quanto il trattato di amicizia Italo-Libico impedisce l'uso delle basi aeree Italiane per operazione condotte dalla NATO contro la Libia, mentre sono a rischio i contratti miliardari che probabilmente diverrebbero carta straccia, se al posto del Colonnello venise posto un Governo filo-americano.
Non sappiamo se i civili siano vittime di violenze e stragi, tuttavia sappiamo che decine di migliaia di profughi si accalcano alle frontiere di Egitto e Tunisia. Una moltitudine di disperati che fuggono in luoghi che non sono per nulla inaccessibili e verso i quali sarebbe agevole inviare aiuti umanitari.
La Tunisia è in ginocchio e non è in grado di far fronte agli afflussi di persone alla frontiera, eppure i paesi Europei ancora non hanno inviato nessuna forma di aiuto, al contrario sono parecchio impegnati a congelare i beni riconducibili al Rais sparsi in ogni dove.
L'impressione è che i media stiano preparando l'opinione pubblica ad un'operazione stile Iraq, l'apparato militare della NATO è alle porte della Libia pronto ad una missione che non sembra poi tanto umanitaria.
Abbiamo già esportato la democrazia in paesi come Iraq e Afghanistan per salvare quei popoli dalla barbaria.
Allo stesso modo anche il popolo Libico vorrà essere salvato?

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