martedì 3 agosto 2010

La morte nucleare di uno scienziato nucleare



21 Maggio 1946 - Louis Slotin

Quando l'umanità perse la sua innocenza.

In un certo senso Louis Slotin può essere considerato intercambiabile con un qualsiasi altro scienziato Americano brillante, disciplinato e patriota che aiutò gli Stati Uniti a costruire la bomba atomica durante la seconda guerra mondiale.
Nato a Winnipeg e cresciuto in una famiglia benestante si rese subito conto di non essere tagliato per ereditare come primogenito la gestione dell'azienda di famiglia, una commissionaria in bestiame.
Brillante in chimica e con la dote necessaria a progettare un'esperimento in modo rapido e creativo utilizzando il materiale a disposizione, si laureò brillantemente all'università di Londra e si fece notare come asso del pugilato, come peso gallo.
Tornato dall'Inghilterra fu affascinato dai primi ciclotroni disintegratori di atomi, in corso di sviluppo all'università di Chicago e si offrì di lavorare al loro sviluppo gratuitamente, con un'altro piccolo gruppo di entusiasti.
Era il 1942, quando Slotin venne reclutato nel programma di sviluppo della bomba atomica dal Manhattan Engineer District.

Nel 1944 andò a Los Alamos dove si stavano preparando i primi ordigni e divenne di fatto il primo armiere atomico nella storia degli Stati Uniti.
Il suo compito consisteva nel condurre le verifiche finali sui noccioli attivi, per assicurarsi che avrebbero prodotto l'esplosione richiesta. Era un procedimento pericoloso, spesso condotto a mani nude, ma in tempo di guerra si prendevano scorciatoie ritenute giustificate.

Alla fine della guerra un tecnico di nome Harry Daghlian era tornato nelle ore notturne in laboratorio, per condurre alcuni esperimenti sui materiali fissili contravvendeno al regolamento interno. Un errore di distrazione l'aveva condannato e l'aveva trasformato nel primo Americano a morire per le radiazioni.
Come fisico, Slotin aveva aiutato i medici a valutare il dosaggio radioattivo a cui Daghlian era stato sottoposto e come amico, l'aveva vegliato per ore nel corso dei 24 giorni che impiegò a morire.

Fu un seminario di tipo unico, in quanto i superstiti di Hiroshima e Nagasaki ancora non avevano capito di che cosa stavano morendo e le persone che li circondavano avevano altro a cui pensare.
Di lì a poco Slotin avrebbe abbandonato il laboratorio, per rientrare all'università di Chicago.

Per questo, il 21 Maggio 1946 Slotin era un'uomo piuttosto consapevole di quanto accade, quando la delicata chimica del corpo umano viene disturbata dalla radiazione.
Quel giorno stava assistendo a una riunione di dirigenti in visita ai laboratori e agli ospiti veniva mostrata la sala dove lui e i suoi collaboratori conducevano gli esperimenti. Era una stanza spoglia, dipinta di bianco, senza arredi, salvo una tavola metallica e un bancone con tutte le apparecchiature richieste agli assemblaggi critici.
Mentre i visitatori proseguivano il giro uno di loro, il fisico Alvin Graves rimase a discutere con Slotin su di una configurazione che Alvin non aveva mai visto funzionare e Slotin propose: "Vuoi che ti faccia vedere come funziona?"
Oltre ai due nella stanza erano presenti il dottor Schreiber e il suo assistente, tre uomini del personale di laboratorio e la guardia di sicurezza, che osservavano Slotin mentre allestiva l'esperimento.

Oggetto della verifica era un nocciolo di plutonio nichelato, di circa sei chili, che costituiva la parte attiva di una bomba, dello stesso tipo che aveva ucciso Daghlian nove mesi prima.
Il plutonio era avvolto da una calotta di berillio suddiviso in due emisferi , che ha la proprietà di far rimbalzare i neutroni, in modo da conservarli per avviare il processo di fissione nucleare. La tecnica dell'esperimento consisteva nel sovrapporre i due emisferi quasi completamente, in modo da aumentare il numero di neutroni in fuga, avviando così una reazione controllata a catena. Slotin manteneva separate le due calotte infilando il pollice in mezzo alle due, come una palla da bowling.
Avvicinando o allontanando le due calotte si poteva controllare la velocità dei neutroni, aumentando o diminuendo la potenza come un motore.
Vale la pena notare che di fatto lo scienziato stava collaudando il primo prototipo di reattore nucleare della storia.
Tuttavia se le calotte fossero giunte a meno di tre millimetri di distanza l'una dall'altra si sarebbe verificato un eccesso critico di neutroni, che avrebbero portato a un fenomeno di "prompt burst", o detonazione improvvisa. Non vi era pericolo di esplosione, poichè con l'aumento di calore i materiali si sarebbero dilatati allontanando nuovamente le calotte e diminuendo la popolazione di neutroni ma, in quei pochi millisecondi, vi sarebbe stata una potente emissione di raggi gamma e un'ondata di calore.
Si trattava di un'esperimento di fortuna allestito in tempi di guerra e lo stesso Enrico Fermi aveva detto a Slotin: "Se continui a ripeterlo morirai entro un'anno".
Essendo sul punto di lasciare il laboratorio Slotin doveva aver pensato che sarebbe stata l'ultima volta.

Egli comincio a illustrare le varie fasi a Graves, mostrandogli il punto critico allo stesso modo di un collaudatore che cerca di portare al limite il suo aereo.
Le fasi erano udibili grazie a una sorta di contatore Geiger che ticchettava sempre più rumorosamente mano a mano che ci si avvicinava al punto critico.
A quel punto i movimenti di Slotin vennero definiti dai presenti come un "qualcosa di diverso". Egli rimosse gli spaziatori che impedivano alle due estremità di toccarsi e, sempre aiutandosi con il pollice, inserì tra le due calotte un cacciavite, in modo da avvicinarli sempre di più. Esattamente alle 3.20 Graves sentì un click, quando la punta del cacciavitè usci e l'emisfero di berillio si chiuse sul resto dell'assemlaggio.
In quello stesso millisecondo si sprigionò una luce azzurra, mentre tutti i presenti vennero investiti da una vampata di calore.
Negli istanti successivi Slotin scosse la mano facendo cadere a terra la cupola di berillio.
Era appena stato ucciso.

Oggi sappiamo che in quell'istante Slotin fu investito da un'emissione di raggi gamma. Il suo corpo fece da schermo a Graves salvandolo, mentre gli altri si trovavano lontano dallo spazio letale. Subito dopo l'incidente tutti corsero fuori dal laboratorio, compreso Slotin, che telefonò per un'ambulanza.
In seguito telefono anche a Philip Morrison, brillante fisico e amico, spiegandogli l'accaduto e chiedendogli di raggiungerlo.
Mentre tutti aspettavano in silenzio l'ambulanza Schreiber, su suggerimento di Slotin, prese un rilevatore Geiger e tornò nel laboratorio. L'ago del rivelatore andò subito al massimo e lo scienziato uscì immediatamente.
Durante il tragitto in ambulanza Slotin vomitò mentre Graves attendeva gli stessi sintomi, temendo il peggio.

Verso le diciotto entrò nella stanza di ospedale di Slotin il dottor Wright Langham, specialista in radiazioni, che nove mesi prima aveva effettuato le stesse operazioni per Daghlian, aiutato nel calcolo delle radiazioni da Slotin stesso.
Slotin lo accolse dicendo: "So perchè sei qui".
Nello stesso momento entrò nella stanza anche Morrison e i tre cominciarono a discutere del dosaggio poichè, come oggi, non esisteva alcun antidoto all'esposizione eccessiva a radiazioni.
Restava la flebile speranza che Slotin non avesse assorbito abbastanza radiazioni da ucciderlo. Prima di congedarsi, i due domandarono a Slotin se avesse bisogno di qualcosa ed egli chiese dei libri.
Alle 18.30 di quella sera, la mano di Slotin appariva gonfia e arrossata, il pollice formicolava e l'unghia appariva annerita.
Mercoledì, 24 ore dopo l'incidente la mano era enfiata e pareva che la pelle dovesse scoppiare. I medici prescrissero iniezioni di morfina e impacchi di ghiaccio. Anche il basso ventre, rimasto esposto all'assemblaggio iniziò ad arrossarsi, ma nonostante ciò Slotin stava bene, non vomitava più e appariva allegro.
Come era accaduto a Daghlian.
Nonostante una simile offesa, le cellule del corpo reagiscono abbastanza bene per un breve periodo, espletando le loro funzioni fino al momento fatale della riproduzione.
Quella notte sulle braccia di Slotin, letteralmente cotte in quell'unico millisecondo di esposizione, comparirono le prime bolle, grosse come pasticcini.

Il giorno dopo accaddero molte cose, vi fu una riunione dei chimici che, analizzando l'anello d'oro e l'orologio di Slotin, tentarono di stimare la quantità di radiazione assorbita. Wright Langham, che aveva effettuato rapidi calcoli, stimava la quantità di radiazione di almeno 4 volte superiore a quella che aveva ucciso Daghlian e molto semplicemente, non gli concedeva alcuna possibilità di sopravvivenza.
Nonostante ciò gli altri scienziati continuarono con i loro calcoli.

I fisici tentarono di salvare Slotin con le loro matite per altri tre giorni.

Quel giorno fu anche il momento dell'esercito che, per evitare che il pubblico cadesse in preda all'isteria delle radiazioni, decise che bisognava rilasciare un comunicato stampa sull'accaduto "morbido", in cui si parlava di un'"imprecisato incidente in cui tuttavia le condizioni del personale erano soddisfacenti".
A sera Slotin prese il telefono e chiamò i suoi genitori in modo che potessero raggiungerlo. L'esercito avrebbe provveduto a riservare l'aereo.
I coniugi Slotin arrivarono sabato pomeriggio a Los Alamos, quando ormai la morfina e gli impacchi di ghiaccio non lenivano più il dolore. I medici decisero di incamerare completamente nel ghiaccio il braccio destro e sinistro, con gli stessi effetti dell'amputazione, ma senza lo choc psicologico.
Slotin continuava ad apparire a proprio agio e in possesso delle sue facoltà, era sottoposto a trasfusioni di sangue giornaliere e l'appetito era buono.
Quando arrivarono i genitori li accolse da seduto, il padre chiese:
"Come stai Louis?". Parlarono per un pò ma lui non diede importanza alle sue condizioni. La madre, accarezzandogli i capelli scuri osservò: "Sono rigidi e secchi, come fili di ferro".

Quel giorno ci furono altri due arrivi.
Il primo fu un medico di Chicago che aveva svolto ricerche su animali irradiati e che aveva constatato che, nei cani allo stato terminale, si verificava un'intricata e massiccia emorragia, dovuta alla morte delle piastrine e che aveva ottenuto dei miglioramenti con il trattamento mediante tintura blu di toluidina.
Il secondo fu un Hermann Lisco, patologo prudentemente convocato in caso fosse necessaria un'autopsia.

La domenica era in quinto giorno dall'incidente e fu allora che si convenne che qualunque fosse stato, il dosaggio era eccessivo. Annamae Dickie, l'infermiera incaricata di effettuare analisi del sangue giornaliere constatò in lacrime che i globuli bianchi stavano morendo e la stessa sorte avrebbe presto toccato le piastrine.
Slotin era ancora coerente e padrone di sè e constatò che la lingua si stava ulcerando in una posizione opposta a una capsula in oro, che aveva evidentemente formato una barriera contro la radioattività del dente.

Il quinto e sesto giorno furono evidentemente i peggiori.
Il degente passò allo stato tossico, temperatura e polso salirono a livelli intensi, L'addome si tese e si gonfiò, il sistema gastro intestinale cessò di funzionare e dovette essere drenato per via nasale. La pelle si tinse di un colore bluastro, mentre il corpo si stava sciogliendo in un residuo organico.
Martedì ci fu il crollo delle piastrine, segno dell'inizio della fase emorragica.
Nei cinque giorni successivi Louis fu soggetto a periodi di confusione mentale e mercoledì entrò in delirio.
Fu posto sotto una tenda ad ossigeno e la notte entrò in coma.
Alle 11 della mattinata del 30 maggio, a nove giorni dall'incidente spirò.

I giornali e l'esercito riuscirono a presentare la morte di Slotin in modo degno, perchè al momento critico si era comportato da eroe.
E' passato molto tempo, ma tuttavia è interessante notare che gli scienziati di Los Alamos scelsero, come fanno oggi, di evitare di ricordarlo.
Tempo dopo l'incidente, Morrison, che si trovava alla Cornell University, intervistato sull'accaduto ha risposto in tono piatto: "E' stato il momento più doloroso della mia vita e non intendo ripensarci".
Non viene spiegato il perchè di questa reticenza, ma può darsi che forse, ricordando Louis Slotin si dovrebbero rivivere le sensazioni del periodo in cui l'umanità perse la sua innocenza.

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