venerdì 2 settembre 2011

Guerra in Libia, quale verità



Ombre e dubbi si affacciano sulla nuova Libia.
In una lettera inviata all'emiro del Qatar, il Comitato di Transizione della Libia rivela di aver promesso alla Francia il 35% delle riserve petrolifere del paese.
Questo è il compenso che i "ribelli" avrebbero offerto, in cambio del sostegno militare e del riconoscimento politico da parte di Parigi.
La notizia, diffusa dal giornale Liberation, arriva nel bel mezzo della riunione mondiale dei capi di stato facenti parte del comitato degli "Amici della Libia", causando un notevole imbarazzo per la Francia padrona di casa.
Pronta la smentita da parte del ministro Alain Juppe, secondo cui Governo è completamente all'oscuro di un accordo simile anche se, ammette candidamente, è logico che il suo paese faccia la parte del leone nella ricostruzione della Libia e nella spartizione delle sue risorse energetiche.
Lo stesso Cnt bolla come falsa la rivelazione apparsa sul noto quotidiano Francese.
Tuttavia una semplice smentita non basta a fugare i dubbi su di una guerra voluta fortemente da Sarkozy per ragioni che oramai appaiono quasi esclusivamente economiche.
Scandalosa è stata la disinformazione di tutti i media, che durante tutte le fasi della rivolta non hanno fatto trapelare all'opinione pubblica la reale situazione in Libia.
Quanti Libici erano favorevoli alla rivolta? E' giusto che i disordini scoppiati in un'unica provincia, ad opera di un numero di rivoltosi non quantificato, un'intera nazione debba essere passata per le armi?
Non è scandalosa la possibilità, se pur remota, che i ribelli si possano essere "accordati" con la Francia prima dello scoppio degli scontri, promettendole le risorse energetiche del paese?
Mentre in Libia c'è ancora qualcuno disposto a combattere e morire per Gheddafi, i vincitori definiscono il futuro del paese e si spartiscono la ricca torta energetica.
Inquietante il messaggio del padrone di casa Sarkozy che, mentre elenca nel corso della conferenza i "progressi" ottenuti, lancia un monito agli altri regimi , Iran e Siria:

"Questo è l’inizio di una politica che met­te la forza militare al servizio della protezio­ne di popolazioni che rischiano di essere mar­tirizzate dai propri dirigenti".

Quale sarà il prossimo paese ad essere "salvato"?








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