mercoledì 28 novembre 2012

Ilva e Mittal, collegate o solo coincidenza


L'Ilva di Taranto è prossimo alla chiusura per il sequestro giudiziario da parte della Magistratura. Il lungo braccio di ferro con i sindacati ed il Governo ha finito per spingere la dirigenza aziendale alla minaccia del "tutti a casa". E così i posti di 5000 lavoratori e l'indotto, stimato in altri 20 mila, sono a rischio, con conseguenze potenzialmente catastrofiche.
L'impianto costituisce infatti quasi i tre quarti della siderurgia Italiana e la sua eventuale perdita  si ripercuoterebbe sull'intera industria pesante nazionale.
Certamente la salute pubblica viene prima di tutto,  l'impianto inquina e l'incidenza di malattie nella zona è molto superiore che altrove, tuttavia  anche  l'occupazione ha una sua primaria importanza.
Ma a destare preoccupazione sono le dichiarazioni del Ministro dell'ambiente, Corrado Clini, secondo cui ci sarebbero dei chiari interessi politici alla chiusura dell'azienda, ma anche dei meno chiari interessi internazionali, che vorrebbero fare "un favore" alla concorrenza europea ed asiatica.
Proprio quest'ultimo punto meriterebbe un chiarimento, perchè se così fosse ci sarebbe al Governo o alla Magistratura un qualche esponente il cui intento è quello di azzerare l'industria Italiana.
Il pensiero corre a quello che sta accadendo in contemporanea in Francia, con la ArcelorMittal, altro colosso dell'acciaio il cui proprietario,  Lakshmi Mittal intende chiudere lo stabilimento di Florange. Qui la risposta del Governo è decisamente più energica, con Hollande che minaccia addirittura di nazionalizzare l'impianto, pur di preservare i posti dei lavoratori.
Intendiamoci, l'impianto di Taranto inquina oggi come in passato, ma la soluzione al problema non sta nel chiudere lo stabilimento, restituendo al demanio un deserto inquinato, ma modernizzando l'impianto, in modo da risolvere il problema come già è stato fatto in altri paesi europei come la Germania.
Il Governo dovrebbe farsi carico di questa trasformazione, che deve avvenire in tempi brevi, impedendo però il fermo della produzione che potrebbe costare molto caro.
Resta comunque singolare la contemporaneità dei due eventi, in Italia come in Francia e verrebbe da chiedersi se in qualche modo possano essere collegati fra loro.

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