martedì 5 ottobre 2010

Il declino Americano e l'ascesa della Germania



Sembra ormai destinato al tramonto il sogno Americano, caratterizzato da un'eccesso di sprechi e da una delocalizzazione selvaggia nel nome della globalizzazione e del facile profitto.
Il divario tra ricchi e poveri ha raggiunto dimensioni record e la tanto decantata ripresa economica non accenna a decollare.
La produzione industriale è stata interamente spostata in oriente e l'America di oggi, come del resto gran parte dei paesi europei, vende principalmente servizi.
La produzione manifatturiera è ridotta all'osso e per questo il mercato del lavoro non è in grado di riassorbire i disoccupati che non accennano a diminuire.
Ciò non è vero in Germania, secondo paese esportatore al mondo dopo la Cina, che sta vivendo un periodo di ripresa economica superiore persino alla crescita post unificazione del 1991.
La crescita totale annua si attesta al 3% e sembra destinata a proseguire.
I motivi di una tale risultato risiedono soprattutto nell'attuale quotazione dell'Euro, che sta avvantaggiando le esportazioni rendendo le merci tedesche, già apprezzate dal mercato, ancora più competitive.
Determinante è stato inoltre il contribuito dei sindacati e del governo, che hanno mantenuto la struttura industriale del paese difendendo la forza lavoro da facili tentazioni di delocazione.
Una politica economica rigorosa e l'eliminazione degli sprechi di denaro publico hanno fatto il resto, ed oggi la Germania si riconferma la "locomotiva d'Europa".
Come sempre l'Italia è il fanalino di coda, con una ripresa che si attesta a circa un 1%, senza contare che dal punto di vista industriale la situazione non è rosea.
Il settore tessile, che costituisce una buona fetta della produzione nostrana, viene annientato dalla spietata concorrenza dei prodotti cinesi a basso costo, mentre lo spostamento degli stabilimenti all'estero stà dando il colpo di grazia al resto.
Nel frattempo la Merkel, approfittando del momento di forza germanico, ne approfitta per rivedere il patto di stabilità.
La cancelliera di ferro pretende un'abbattimento del deficit sotto il 3%, mentre il debito publico deve tornare al più presto al di sotto del 60% del Pil.
Per il nostro paese sarebbe una mazzata pesantissima, in quanto il nostro deficit, pari al 5,2% dovrebbe essere abbattuto del 40%, mentre il nostro debito, oggi al 118% diventerebbe ingestibile.
Fortunatamente anche gli altri paesi non stanno tanto meglio e per questo, alle rimostranze di Tremonti, si sono aggiunte quelle dei colleghi francesi, spagnoli, belgi, portoghesi e greci.
Tuttavia è la Germania ad avere il coltello dalla parte del manico, e da Berlino fanno sapere che il contribuente tedesco non è più disposto ad accollarsi il costo del salvataggio delle finanze disastrate altrui.

Il messaggio che lancia la Merkel è chiaro, chiunque non voglia sottostare al diktat teutonico, è liberissimo di abbandonare la zona Euro.

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