mercoledì 15 settembre 2010
Immigrazione e regolamentazione
L'immigrazione nei paesi maggiormente industrializzati in Europa sta creando un problema senza precedenti, che è destinato a esplodere in rabbia sociale se non si verifica un cambio di tendenza.
Si assottiglia la lista dei governi europei disposta a sottostare alla causa dei diritti umani, mentre vengono varate norme che rendono più facili le espulsioni.
Fino a poco tempo solo Italia e Grecia rischiavano l'applicazione di sanzioni da parte di Bruxelles, qualora non fossero disposti ad accogliere i clandestini che si riversavano sulle coste.
La Spagna seguiva a breve distanza e, a onor del vero, non si è mai fatta molti problemi a respingere i barconi.
Quando però a suscitare le ire della Commissione Europea è una nazione di primissimo piano come la Francia, che peraltro ha deciso di espellere un buon numero di Rom, cittadini comunitari a tutti gli effetti, è chiaro che qualcosa nel meccanismo si è inceppato.
Con questa decisione il governo ha evidentemente compiuto un gesto provocatorio, in modo da costringere la comunità europea ad affrontare il problema più seriamente.
Berlusconi ha colto la palla al balzo, dando pieno appoggio a Sarkozy nella decisione di rimpatriare persone che, per quanto comunitarie, non hanno una fonte di sostentamento lecita.
Le nazioni europee non sono più disposte ad accollarsi il prezzo dell'allargamento verso est e dell'accoglienza di coloro, che in un modo o nell'altro, riescono a entrare clandestinamente.
Manca una politica comune che distribuisca in modo eguale gli immigrati, comunitari e non, mentre gli stati per il momento risparmiati dal fenomeno si limitano a criticare cinicamente le scelte dei loro vicini.
L'allargamento verso est si è rivelato prematuro e ha portato conseguenze negative, basti pensare che prima dell'ingresso nell'unione di Romania e Bulgaria, Roma era la capitale europea con il tasso di criminalità più basso ed era reputata una delle più sicure città al mondo. In seguito precipitò nella classifica a causa dell'incontrollabile aumento della criminalità.
Il cittadino europeo deve affrontare le conseguenze della crisi economica e il rischio della perdita del posto di lavoro, e non comprende le ragioni per cui le strade della sua città debbano riempirsi di disperati, spesso reclutati dalla malavita, nel nome di un'integrazione che spesso e volentieri non avviene affatto.
A dire il vero l'allargamento verso paesi con un costo del lavoro e un tenore di vità più basso del nostro non sembra dettato da un senso di generosità nei confronti di quelle popolazioni, bensì un favore alle multinazionali e alle grandi aziende, che possono spostare la produzione altrove senza vincoli e barriere doganali.
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