mercoledì 1 settembre 2010

La guerra è finita



Negli ultimi giorni è stato completato il ritiro delle truppe che per sette anni hanno occupato l'Iraq, dopo l'invasione promossa in pompa magna da Bush che ha portato alla morte di più di un milione di Iracheni e 5000 soldati americani.
La "coalizione di volenterosi", a cui ha preso parte anche l'Italia, ha distrutto completamente un paese sovrano, per nulla coinvolto nell'attentato dell'11 settembre.
Il pretesto delle armi di distruzione di massa mai ritrovate, ha lasciato subito spazio alle vere ragioni che hanno portato a questa guerra, cioè il profitto per le aziende che producono armi, clienti dell'amministrazione Bush.
Dopo il conflitto tutti i paesi partecipanti a "Enduring Freedom" si sono messi in fila, in attesa della loro fetta di guadagno.
Per un certo periodo di tempo, dopo che i carri armati cessarono di sparare, anche i media nostrani hanno timidamente informato l'opinione pubblica della grande opportunità per le aziende Italiane, beneficiate di un'accesso privilegiato agli appalti per la ricostruzione, dato che anche noi "avevamo fatto la nostra parte".
In seguito un'Iraq dilaniato da guerre civili e continui attentati si rivela un buco nero per le finanze pubbliche degli Stati Uniti, ingigantito dalla crisi economica che sta mettendo a dura prova tutto il sistema.
Nel contempo l'Iran approfittando della mancanza del suo rivale storico, ha aumentato notevolmente il suo potenziale bellico ed ha accresciuto la sua influenza nella regione.
Per ironia della sorte, il nemico numero uno Saddam Hussein sarebbe potuto essere un prezioso alleato, utile per contenere le ambizioni nucleari di Teheran.

Per questo l'avvento di Obama coincide con la pianificazione di un ritiro che deve apparire tutto sommato onorevole, senza tante celebrazioni e dicendo a tutti gli alleati che la guerra è vinta, ma senza crederci troppo.
Il presidente spiega che le risorse finanziarie che si libereranno con il disimpegno verranno impiegate per incentivare la ripresa economica:

"Oggi il nostro compito più urgente é rilanciare la nostra economia e ridare a milioni di americani che hanno perso il loro lavoro di nuovo un impiego. Per rafforzare la nostra classe media dobbiamo dare a tutti i nostri ragazzi l'educazione che meritano e a tutti i nostri lavoratori le capacità necessarie per competere nella economia globale".

Con queste parole Obama sta semplicemente ammettendo che gli Stati Uniti non possono più permettersi costose avventure militari.

Così le ultime truppe combattenti varcano il confine con il Kuwait, lasciandosi alle spalle un paese sull'orlo dell'implosione, con i generali Iracheni che invano chiedono agli Americani di restare sapendo cosa succederà dopo.
Gli attentati che hanno mietuto un gran numero di vittime, dopo un'apparente diminuzione ricominceranno ad aumentare, approfittando della debolezza delle forze di sicurezza Irachene ed alimentando nuove faide tra le varie etnie.
Iyyad Allawi con il suo debole governo tenuto insieme da Washington, è consapevole di non poter durare a lungo e per questo circolano già voci sulla possibile formazione di un nuovo gabinetto.
Resta aperto il fronte in Afghanistan, con i talebani che stanno intensificando gli attacchi rendendo sempre più reale lo spettro di una sconfitta.
Anche in questo caso è stato comunque fissato un termine ultimo per il ritiro.
Entro luglio 2011 anche la campagna Afgana dovrà essere conclusa e, debellato o meno il terrorismo, tutti i soldati dovranno essere a casa.

Possiamo sperare che quanto sta accadendo possa servire di lezione a questa amministrazione, affinchè si guardi bene dal promuovere nuove campagne militari, con la convinzione di "esportare la democrazia".

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